Termosensibilita’ dei marmi

I MARMI TERMOSENSIBILI

            Alcune varietà di marmo sono caratterizzati da un comportamento estremamente termosensibile. Già a temperature relativamente basse si possono innescare fenomeni di decoesione granulare. In alcuni marmi tale fenomeno inizia già a manifestarsi a temperature di 40°C. In bibliografia esistono svariati studi su tale fenomeno. La decoesione granulare e quindi la creazione di microfratture a bordo grano, come in tutti i materiali porta ad una profonda modifica del comportamento fisico meccanico: aumento coefficiente di imbibizione; aumento della porosità, diminuzione del modulo elastico, diminuzione della resistenza a flessione, deformazioni permanenti…

La temperatura di 40°C viene presa come temperatura minima in cui si iniziano a verificare tali fenomeni per i marmi termosensibili (anche se nello studio di Battaglia del 1993, High-Sensitivity Apparatus for Measuring Linear Thermal Expansion, una varietà di marmo ha presentato un comportamento anomalo a temperature poco superiori di 18°C, ma ciò non è mai stato più riscontrato in altri studi).

Dalla vasta bibliografia recente comunque  è chiaro che la temperatura di 40°C rappresenta una soglia critica per i marmi termosensibili.

In tutte le pratiche di laboratorio prima di procedere al test vero è proprio al fine di eliminare le variabili che potrebbero alterare il risultato si procede ad rendere anidro il materiale o meglio se se non eliminare del tutto, ridurre drasticamente il contenuto di umidità. Tale condizionamento può essere fatto essenzialmente scaldando il materiale o mettendolo sottovuoto. Le norme UNI EN prevedono di scaldare il materiale a 70°C per 24 h, se la differenza di peso è inferiore all’1% si può procedere con il test, se è maggiore il materiale va ulteriormente scaldato per 24h (le ASTM 60°C per 48h). Questa pratica effettuata sui materiali termosensibili procura profondo imbarazzo: allo scopo di eliminare una variabile che potrebbe alterare il risultato (umidità) si introduce un errore che non sappiamo quantificare (perdita di resistenza a flessione dei termosensibili). Dai test effettuati (vedi allegato) il condizionamento in alcuni casi riduce di oltre la metà la resistenza a flessione. Pertanto la pratica deve essere evitata, in sostituzione si dovrà operare come quando previsto dalla norma NT499 Bowing  test, ripresa nella UNI EN 16306 determinazione della resistenza del marmo… ovvero effettuare il condizionamento a 40°C per una settimana.

Il consiglio che personalmente do è quello di non effettuare il condizionamento, ma ciò rende dal punto di vista tecnico il test non conforme alla norma relativa.

C’è da aggiungere un particolare non secondario, in genere la pratica del condizionamento non viene effettuata, le differenze di prestazioni tra un materiale relativamente poco anidro e un materiale normalmente “umido” sono, nella meccanica delle rocce, molto piccole o forse trascurabili. I tecnici di laboratorio lo sanno e quindi in genere saltano completamente la procedura, addirittura nel listino prezzi dell’Università di Bologna il test ASTM wet costa di più di quello dry, ciò significa che  normalmente il condizionamento dry (essiccazione in forno) viene saltato. Questo porta ad una difficoltà ad avere dati comparabili sui marmi termosensibili. La resistenza a flessione di un materiale del genere cambia radicalmente se è stato fatto o meno il condizionamento. Non a caso ho visto in parecchi casi risultati molto differenti su materiale provenienti dallo stesso lotto su test fatti da differenti laboratori.

Scusate per l’italiano ma l’ho scritto di getto.

Stefano Bianchini